ASSOCIAZIONE TiTANGO - Milonga BRAVA - GENOVA                          

 

 

UNA NOCHE MILONGUERA  

 MILONGA BRAVA 

 

SABATO 30 SETTEMBRE

Searata di riapertura con una grande Festa

 

La sala presenterà alcune novità

L'energia sarà quella dei giorni migliori

Avremo un libro molto divertente presentato direttamente dall'autore

la Musica sarà a cura di un DJ ospite ...   PIER ALDO VIGNAZIA

Come musica Pier Aldo strenuo difensore del tango Milonguero si prodiga da anni per la diffusione in milonga di musica

proposta come a Buenos Aires con Tandas y Cortinas

Vista la storia della Milonga Brava ... siamo sicuri che noi apprezzeremo la sua musica

e lui rimarrà sorpreso .......  ;-))  

 

IL LIBRO e L'AUTORE

 
Breve biografia dell’autore 

Pier Aldo Vignazia è umorista e autore satirico di razza (vanta collaborazioni con "Satyricon" de "La Repubblica", "Cuore", "Linus", "Il Gazzettino", "Il Piccolo",  è vignettista satirico di "Famiglia Cristiana", "L'Adige", "Il Corriere delle Alpi") e personaggio quanto mai eclettico: da una sua esperienza pluriennale di alpinista rocciatore e istruttore di roccia ha tratto il libro "La Montan'aria" (Mazzotti, 2000) che l'alpinista, scultore e scrittore Mauro Corona  ha salutato come l'erede diretto del famoso volume "La montagna presa in giro" di Giuseppe Mazzotti.

Da anni Vignazia si interessa di tango argentino/rioplatense, cultura pochissimo conosciuta nel nostro Paese, dove in genere la si confonde con alcune semplificazioni riduttive e mistificanti, e dove solo negli ultimi anni va crescendo una piccola schiera di appassionati che in mezzo a mille difficoltà e incomprensioni tentano di conoscerla meglio e di diffonderla.

"Il tango è una storia d'amore (e non una rosa in bocca)" è un libro per tutti: scritto con linguaggio scorrevole e leggero, può servire sia a chi di tango non sa nulla, sia a chi crede di saperne tutto, sia a chi è appassionato di ballo, sia a chi non ha la minima intenzione di muovere neppure l'alluce del piede, in quanto, come ci dice Vignazia, apprezzato "musicalizador" e conoscitore del mondo musicale del tango, il ballo ne è solo una delle componenti, e neppure obbligatoria.

E proprio le differenze fra il tango quale è nella sua terra d'origine, Buenos Aires, e come lo si tenta di rivivere da noi sono i bersagli del fine e colto umorismo di Vignazia. Forte della sua profonda conoscenza dell'ambiente "porteño" data dai numerosi soggiorni nella Capitale argentina, Vignazia si può permettere paragoni affettuosi ma non per questo meno impietosi. Ne esce un ritratto inedito del tango, come un'isola di consolazione e di calore umano  in un oceano di incomunicabilità e di chiusure personali. In tempi di tsunami e uragani, però, anche quest'isola rischia di venire sommersa dai maremoti e dai tornado del consumismo e dalla globalizzazione. Conoscere meglio il tango, anche attraverso un libro divertente come questo, può aiutare a difendere e a diffondere questa cultura, che recentemente è stata proposta per la protezione da parte dell'UNESCO come Patrimonio dell'Umanità.

Come dice  Sergio Staino, nella sua prefazione al volume:

"Se non l’avete mai conosciuto (il tango), questo libro può esservi utile per iniziare un bel percorso, per incontrare una cultura troppo spesso oscurata dai meccanismi commerciali internazionali, che prediligono, come tutti ben sappiamo, la pur grandissima musica e poesia nord-americana.

Vi sarà di aiuto a togliervi dalla mente una serie di luoghi comuni che, da Rodolfo Valentino in poi, hanno dato versioni, forse divertenti, ma molto lontani dal vero spirito del tango. Se lo fate bene, nei momenti opportuni, quando una sorte cattiva vi procurerà un qualche dolore, potrete metter su un tango e, cantando con Carlos Gardel o Julio Sosa, o Libertad Lamarque, o Adriana Varela, o Roberto Goyeneche, cantare a squarciagola, fino a che el olvido, l’oblio, non vi rassereni."

 

 


Qui potete leggere un capitolo del libro 

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SCARPE

Le scarpe per il tanguero e soprattutto per la
tanguera, sono un feticcio, sono il totem del
tango. Il primo segno che uno sta prendendo la
passione per il tango è quando decide di
comprarsi le scarpe. Le possibilità che ha non
sono molte: se abita in una grande città, forse
può trovare qualche negozio specializzato in
scarpe da ballo; altrimenti non gli resta che
viaggiare. Fino alla grande città, o fino alla
prima fabbrica di scarpe specializzate. Che per
alcuni può trovarsi anche a Buenos Aires. L'uomo
entra nel negozio, si fa dare un catalogo e,
nascoste fra le scarpe da ballo standard, latino
americano, liscio unificato, danze jazz,
charleston, trova anche le pagine dedicate alla
"scarpe da tango". Ci sono i modelli in
vacchetta, scamosciato, bicolori bianche e nere o
nere e marroni, di vernice, con la suola
rigorosamente in bufala scamosciata per avere
migliore presa sulla pista e il tacco "alla
francese", ossia di forma tronco conica, alto dai
due centimetri e mezzo in su. Se le prova, e già
si sente un semidio del tango, un Pablo Veron o
un Juan Carlos Copes che balla la sequenza di
"Recuerdo" con Mia Maestro nella pellicola di
Saura. Sceglie le più belle: quelle in vernice
bianche e nere, col tacco da quattro centimetri
che stanno come un guanto e paiono fatte sui suoi
piedi: nemmeno le Adidas da jogging gli paiono
così comode. Eppoi, diciamoci la verità: quattro
centimetri di tacco fanno proprio tango, fanno
guappo, in ogni caso fanno qualcosa di
ispanoamericano. Forse addirittura gaucho: il
massimo, per un principiante di tango. La sua
compagna, nel frattempo, è ancora indecisa nella
scelta: se per l'uomo le possibilità erano
svariate, per la donna sono pressoché infinite. A
parte l'altezza del tacco, che rappresenta sempre
una sfida di equilibrio per la maggior parte
delle donne d'oggi, abituate a scarpe basse e
quasi maschili, per la tanguera principiante la
scarpa da tango rappresenta il reingresso in un
archetipo femminile desueto e spesso
coscientemente o meno rifiutato: quello della
donna fatale,  la donna-donna, per cui il tacco
alto è quasi l'emblema di quel tipo di seduzione
che alla maggior parte delle donne emancipate di
oggi pare una rinuncia alle conquiste di parità
fra i sessi, al punto tale che per mettersi
reggiseni push-up, minigonne, tanga, e passare
ore dall'estetista o in palestra, esse devono
raccontarsi che lo fanno per piacere e a se
stesse. E possibilmente crederci. Ma il tacco
alto è qualcosa di più di un vestito firmato o di
un tanga:  è rischioso, fa male ai piedi,
indurisce i polpacci. Non ci sono maschere: non
lo si mette per piacersi, ma per il piacere
dell'uomo. O per il piacere del tango.
Che necessita di tacchi alti per aiutare la donna
a stare inclinata verso il partner, ma senza
caderci addosso:  il che in un certo senso salva
la capra e i cavoli, ovvero sia l'emancipazione
femminile, sia la natura delle cose.
E nelle scarpe da tango femminili -bisogna pur
dirlo- i creatori di moda da ballo hanno dato
sfogo ai loro più bassi istinti: fatto salvo
l'indispensabile cinturino all'altezza della
caviglia, che impedisce alla calzatura di
sfilarsi, si sono sfogati nelle maniere più
kitsch, e hanno prodotto scarpe aperte, chiuse,
con lustrini, di vernice, con brillantini, con
perline, con i tacchi delle più svariate altezze,
alcune delle quali paiono riprese direttamente da
campionari sadomaso, a parte la porzione
terminale, che non è mai veramente a spillo, ma
piuttosto "a rocchetto", ossia con un'elegante
leggera svasatura verso terra, che nelle
scarperie di moda non si vede probabilmente dagli anni '30.
Effettuata la scelta, come abbiamo detto scarpe
di vernice bianche e nere con il tacco da quattro
centimetri per lui, con brillantini bicolori neri
e rossi e tacco da dodici centimetri per lei, i
nostri tangueros principianti se ne escono dal
negozio, orgogliosi del loro acquisto. Non vedono
l'ora di indossare le splendide calzature alla
prima occasione. Che viene la sera stessa, perché
certi acquisti o si fanno sull'onda, o si
rimandano. Emozionati, orgogliosi, ma facendo
finta di niente, si siedono al tavolino e
iniziano l'operazione di cambio calzature. Si
tolgono le comode polacchine con cui erano
entrati nel locale e indossano i nuovi acquisti.
Stupendi. Sembra loro che tutti li stiano
osservando, invidiosi. In realtà non è vero,
perché anche tutti gli altri tangueros nello
stesso istante stanno indossando le loro scarpe
con lo stesso pensiero, e il risultato è che
ciascuno guarda solo i suoi piedi e non ha né
tempo né occhi per quelli degli altri.
L'orchestra attacca un tango. I nostri eroi si
alzano. Si alzano. Si alzano. Si alzano. Non
sembra loro di finire più di alzarsi, lei coi
suoi dodici centimetri lui con i suoi quattro,
che per un uomo sono paragonabili a circa una
ventina, dei centimetri da donna... E una volta
in piedi, traballanti, incespicanti, rischiando
ad ogni passo la caviglia, si mettono in pista.
Non è che la pista faciliti. Il materiale di cui
è fatta, purtroppo, proviene pur sempre dal
nostro universo, deve pur sempre seguire le dure
leggi della fisica. E le leggi della fisica sono
sempre particolarmente implacabili, con le scarpe
nuove dal tacco alto.  Però, la forza di volontà,
quella che ha permesso all'uomo di arrivare sulla
Luna, riesce a tenere in piedi i nostri due
virtuosi: infatti si dice sempre che il tango è
un essere con due teste e quattro gambe. Chi l'ha
notato e detto, doveva senz'altro essere una
coppia di principianti con le scarpe nuove.
Quattro gambe, c'è poco da dire, aiutano.
Soprattutto se la coppia balla ben abbracciata
("apilada" si dice in gergo), sono meglio di due.
Fino al momento in cui. Fino al momento in cui,
ormai rinfrancati, anche se con i piedi dolenti,
i nostri due eroi tentano l'ultimo passo appena
appreso nell'ultima lezione dalla coppia di
maestri argentini doc che in questo momento sta
ballando - perfetta (e c'è da dubitarne?)- subito
dietro di loro. Sarà il desiderio di farsi vedere
dai maestri, sarà la voglia di mostrare meglio le
scarpe nuove, ma ecco che lui guida lei in un
incrocio al quinto passo, incrociando a sua
volta. E riesce bene, riesce perfetto, con i
piedi vicini e le scarpe di entrambi bene unite: da manuale.
Come poteva sapere, lui, che le scarpe di
vernice, così belle, così perfette, così comode
quando se ne stanno distanti, se appena si
toccano l'una con l'altra rimangono attaccate
come se ci avessero buttato in mezzo un tubetto
di adesivo istantaneo? Come poteva sapere lei che
quei bellissimi brillantini, così appariscenti ed
eleganti quando i piedini svolazzano a destra e a
sinistra, nel momento in cui le calzature si
accostano si trasformano invece nel più perfido
dei velcri, agganciandosi l'un l'altro in modo inestricabile?
Come potevano saperlo, se nessuno glielo aveva detto?
Quattro gambe sono meglio di due: ma quattro
gambe legate sono molto peggio di due gambe sciolte.
E la nostra coppia fracassa sul pavimento senza
avere il tempo di fare nemmeno un gesto di
reazione. Fracassa abbracciata, perché il tango è
un po' la sintesi della vita, mentre i due
maestri argentini doc li sorpassano con un
sorriso che è insieme amichevole (per gli
Argentini l'amicizia è sacra) e di compassione,
senza perdere nemmeno una nota o un "compás" del
tango che sta suonando, comodi e tranquilli nelle loro scarpe da jogging.
(da "Il tango è una storia d'amore... e non una
rosa in bocca" di Pier Aldo Vignazia, ed Sigillo, Lecce, 2005).